Per chi esce dal colloquio con mille dubbi della serie “avrò fatto bene? avrò fatto male?” c’è una sola risposta: ogni azienda sceglie il candidato che sembra più competente e più in linea con la propria cultura ed il proprio stile, indipendentemente dai grandi o piccoli scivoloni che si possono verificare durante l’intervista. Quindi è utile ripercorrere il momento del colloquio per analizzare ed identificare gli snodi critici, quelli nei quali non si è stati pronti e reattivi nella risposta, ma lo scopo deve essere unicamente quello di prepararsi a momenti simili per incontri futuri. A nulla serve il mea culpa postumo. Utile invece appuntarsi le domande più difficili e prepararsi argomentazioni adeguate, qualora non siano uscite spontaneamente durante l’intervista.
Non esser scelti può essere una fortuna
Per quanto possa sembrare assurdo specialmente a chi è alla disperata ricerca di un lavoro, non essere scelti può essere una fortuna: se un’azienda non ti ritiene il candidato migliore potrebbe essere perché le tue caratteristiche personali non si sposano con quelle dello specifico ambiente. Ad esempio, potresti essere una persona pacifica e cordiale, mentre nell’azienda vige un clima altamente competitivo, o al contrario potresti essere un candidato ambizioso, che ha bisogno di fare la scalata verso il successo, mentre l’azienda ha un’organizzazione orizzontale priva di gerarchie. Il recruiter sa quali sono le qualità necessarie per una sana sopravvivenza nel proprio contesto, per cui giudicandoti non idoneo ti sta facendo un favore: ti sta evitando la sgradevole esperienza di sentirti a disagio per i mesi seguenti.
Cosa attendersi dopo il colloquio
In Italia non è scontato che l’azienda si faccia carico di dare un feedback ai candidati (prassi molto più diffusa all’estero), per cui può accadere che non si riceva alcuna notizia dopo la prima intervista ed il fatidico “le faremo sapere”. Naturalmente è lecito che il candidato si faccia sentire per chiedere informazioni. Il mio suggerimento però è di non farsi vivi prima che siano trascorsi almeno dieci giorni dal colloquio, e successivamente non richiamare ad intervalli inferiori ad una settimana, per un massimo di tre contatti complessivi: il candidato che sollecita notizie appare motivato e lascia di sé una buona immagine, ma può diventare un incubo se si trasforma in un persecutore assillante. E chi mai vorrebbe avere un persecutore nell’ufficio accanto?
Può essere una buona strategia partire con una e-mail, per poi incalzare con una telefonata qualora non arrivi una risposta. Di certo sono da evitare tutti gli atteggiamenti di critica (es. “sono passate due settimane e non mi avete fatto sapere nulla”, “sono ancora in attesa di una vostra risposta”) perché segnale inequivocabile di scarsa diplomazia.
Allo stesso modo, se l’iter di selezione si conclude con un nulla di fatto, è bene evitare di tempestare l’azienda con successivi invii multipli del curriculum. Se un selezionatore ha interesse a coinvolgerti in una sua ricerca di personale, lo farà senz’altro. Recuperare candidature già visionate è un vantaggio per il suo lavoro.
Mantenere un contatto con i recruiter
Aggiornarli periodicamente qualora ci siano dei cambiamenti significativi nella propria posizione (es. l’acquisizione di nuove competenze, o un cambio di attività) o tenersi collegati attraverso LinkedIn. In questo modo saranno facilitati i contatti futuri e si terrà viva la vostra candidatura.
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