“La verità è che non gli piaci abbastanza” (He’s Just Not That Into You) è un film commedia USA di Ken Kwapis del 2009. La pellicola intreccia varie storie di personaggi maschili e femminili, e mette in luce le differenze nel modo di rapportarsi al tema dell’amore e della coppia degli uomini e delle donne.
Al di là degli stereotipi sulle differenze tra maschile e femminile, che riecheggiano un po’ il fatto che “gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere” (citando il best seller di John Gray), il film ci interessa perché mette in luce vari aspetti legati alla comunicazione.
L’ascolto
Il più evidente è il tema dell’ascolto: quanto siamo interessati ad ascoltare l’altro e quanto, invece, rimaniamo concentrati sui noi stessi e sulle nostre aspettative? Mentre la protagonista del film, Gigi, si inventa mille motivazioni per giustificare un ragazzo che non la chiama (es. “forse non ho ricevuto il suo messaggio”), l’amico fidato – che poi diventerà amante – le chiarisce in modo diretto e lineare un concetto molto semplice: un uomo, se vuole, ti chiama. Se non lo fa è perché non gli piaci abbastanza. Dunque, attribuendo significati fantasiosi al suo silenzio, è come se non stessi ascoltando l’unico di dato di realtà a tua disposizione: lui non ti cerca.
Ecco quindi la conferma di quanto l’ascolto sia selettivo: se non vogliamo sentire un’informazione (compreso un silenzio), non lo ascoltiamo. E così lo riempiamo con mille motivazioni per rinforzare il nostro bisogno di conferma: non ha potuto chiamarmi, ha avuto un imprevisto, gli piaccio ma è impaurito perché sono troppo per lui, ecc. ecc.
Lo stesso avviene quando non ascoltiamo veramente ciò che ci viene detto, ad esempio quando non diamo peso all’affermazione dell’altra persona, convinti che le faremo cambiare idea o che non la pensi veramente in quel modo.
Uscire dall’egocentrismo
Tutto ciò avviene per un egocentrismo di base per il quale tendiamo a non dare spazio all’altro e al suo specifico modo di vedere il mondo, perché diamo per scontato che la sola prospettiva possibile sia la nostra. A questo proposito, riporto un brano tratto dal libro di Marianella Sclavi “Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici di cui siamo parte” (2003, ed. Mondadori, p.223), che annota i passi di danza necessari per diventare un buon ascoltatore:
“Come ci si allena in questa danza, la danza del buon ascoltatore /osservatore? Così come per un valzer si insegnano passi “un-due-tre”, anche qui possiamo iniziare indicando alcuni passi, purché si tenga presente che poi, come nel valzer, è il ritmo e lo stile che contano.
Primo passo: un buon ascoltatore/osservatore è uno allenato a non limitarsi a vedere e a sentire quel che ci si aspetta di vedere e sentire; è uno che si è contro-allenato a non sentirsi rassicurato e “in controllo” quando riconosce e incasella facilmente quel che vede e sente.
Secondo passo: è uno che accetta di buon grado di essere smentito, sorpreso, spiazzato, di sentirsi goffo e lento esagerare tutto questo come delle virtù. Rinuncia a un controllo di primo grado sulla “realtà” per esercitare un controllo di secondo grado sui rapporti “fra se stesso e la realtà ”.
Terzo passo: è un esploratore di mondi possibili, sempre un po’ straniero anche a casa propria. Come diceva Sherlock Holmes: “non si tratta di vedere o sentire cose diverse, si tratta di guardarle e ascoltarle in modo diverso”. Questo modo diverso di ascoltare e guardare consiste nella capacità di accogliere quei dettagli che si presentano al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti in quanto preludono a possibili bisociazioni” (nda: le bisociazioni sono modi diversi di intendere lo stesso concetto, entrambi possibili ed entrambi validi).
Se senti il desiderio di migliorare il tuo modo di vivere la relazione di coppia, contattami. Un percorso di counseling può aiutarti ad acquisire consapevolezza di come comunichi e di quali comportamenti metti in atto nelle relazioni.
Una scena del film: