La gestione dello stress e la prevenzione del burnout di tutti gli operatori sanitari impegnati nell’emergenza Coronavirus è stata messa al centro di un’iniziativa congiunta di Inail e Consiglio dell’Ordine nazionale degli Psicologi
Questa azione prevede la creazione di task force di psicologi nelle strutture sanitarie su tutto il territorio nazionale. Le task force saranno impegnate nell’attivazione di servizi di supporto al personale sottoposto allo stress dovuto all’attuale emergenza, con lo scopo di contenere le possibilità di sviluppo della sindrome del burnout.
Cosa si intende per burnout
Il burnout è la sindrome che affligge i lavoratori che vivono una condizione di stress prolungato, alla quale non riescono più a reagire. Il termine è inglese e significa letteralmente “scoppiato”, “bruciato”. Esprime infatti una condizione nella quale la persona ha completamente esaurito le proprie energie psicofisiche.
La sindrome del burnout è stata identificata e studiata a partire dagli anni ’70 proprio su personale del settore socio-sanitario, a dimostrazione di quanto gli operatori di questo ambito siano sottoposti per la natura stessa del loro lavoro ad un carico di stress importante.
Tuttavia oggi è noto che il burnout non riguardi solamente queste categorie, ma che sollecitazioni di stress prolungate nel tempo possano indurlo anche in lavoratori di altri settori.
Emergenza Covid-19 e fonti di stress per il personale sanitario
Lo stress lavoro-correlato è, insieme a quello biologico, una delle fonti di rischio che maggiormente affliggono la popolazione dei lavoratori della salute.
In tempi di emergenza covid-19 si verifica un aumento dei rischi psicosociali:
“La situazione di emergenza espone il personale sanitario a una serie di fattori di rischio legati alla cura del paziente contagiato, che possono contribuire all’accrescimento di stress psico fisico, primi tra i quali: l’esposizione agli agenti patogeni, la paura di essere contagiati e di contagiare pazienti e familiari, il contatto con la morte, lo stigma sociale dovuto alla maggiore esposizione alla malattia” (cit. documento Inail e Cnop).
A questi fattori si aggiungono elementi organizzativi del lavoro in emergenza, come il cambiamento di tempi, spazi e procedure con modalità diverse da quelle abituali o la difficoltà a conciliare vita personale e vita lavorativa a causa dei turni prolungati.
La fotografia dell’infermiera che si addormenta sulla tastiera del pc a fine turno di lavoro ha colpito tutti, ed è forse la prova più tangibile di quanto sopra esposto.
Inail e Cnop hanno perciò messo a punto una procedura di supporto psicosociale a favore degli operatori sanitari. È prevista l’attivazione, a livello locale, di task force di psicologi operanti nel sistema sanitario per erogare un servizio di supporto e sostegno psicologico e psicosociale rivolto agli operatori sanitari.
Il modello di intervento prevede l’istituzione di un servizio di assistenza telefonica, attività di monitoraggio sui casi critici e gruppi di condivisione fra diverse unità organizzative, facilitati dagli psicologi.
Estendere questo modello di intervento ad altri settori
Sebbene il personale sanitario sia quello più esposto ad un ampio insieme di rischi, a causa dell’emergenza covid-19, un modello di questo tipo potrebbe essere utile anche in favore di altre categorie di lavoratori.
Ad esempio i lavoratori che svolgono mansioni a contatto con il pubblico, oppure quelli appartenenti a settori che – per vari motivi – hanno dovuto aumentare la produzione proprio in questa fase di crisi sanitaria (es. produzioni farmacologiche o biomedicali, distribuzione e logistica).
La procedura messa a punto da Inail e Cnop può dunque costituire un utile prontuario per attingere e impostare un’azione adeguata a sostenere il personale di tutte le aziende che riconoscono un aumento dei rischi psicosociali, e che vogliono intervenire in modo efficace.