“Tonya” è un film del 2017, racconta la storia vera di Tonya Harding, una pattinatrice statunitense. È una pellicola piuttosto cruda e dura, come lo sono i legami familiari e affettivi che caratterizzano la vita della protagonista. In questo articolo ci concentreremo in particolare su un aspetto di questo film, ovvero il modo in cui rappresenta il ciclo della violenza di genere.
Il ciclo della violenza è la rappresentazione del processo che lega la vittima al proprio carnefice. Ne ho già parlato nell’articolo relativo al perché le donne non riescono a separarsi da un partner violento. Il ciclo della violenza è una teorizzazione di ciò che avviene nelle coppie caratterizzate da violenza: il carnefice ripropone periodicamente atteggiamenti vessatori e comportamenti gentili ed affettuosi, innescando un meccanismo di senso di colpa nella vittima, che ha difficoltà a prendere le distanze e continua a inseguire il miraggio di un cambiamento nella relazione.
La trama
La pellicola si muove tra finzione narrativa e ricostruzione della realtà, con un approccio documentaristico. Ripercorre la vita di Tonya dall’infanzia, fino agli eventi che l’hanno portata a diventare famosa non tanto per le sue performance sportive, quanto per l’evento criminoso in cui è risultata coinvolta. Infatti, suo marito, insieme ad un complice, è stato mandante di un’aggressione ai danni di una concorrente di Tonya. Benché la Harding si sia sempre dichiarata estranea a questa iniziativa del marito (pur ammettendo di averne sentito parlare), l’iter giudiziario che ne è conseguito ha chiuso per sempre la sua carriera sportiva nel pattinaggio artistico su ghiaccio.
La rilettura psicologica
Nel corso del film vediamo Tonya crescere in un contesto familiare povero, oltre che di denaro, di affetto. La bambina è condizionata da una madre fredda, giudicante e aggressiva anche sul piano fisico.
Allevata solo a bastone (senza carote), maltrattata verbalmente dalla madre, che afferma di squalificarla perché questo la rende più grintosa nel pattinaggio, Tonya si lega ad un giovane – Jeff – che inizialmente si mostra gentile e affettuoso, ma via via espone sempre di più un carattere aggressivo.
La stessa Tonya non è certo una vittima passiva e priva di capacità di difendersi, anzi, appare piuttosto manesca. Tuttavia è evidente il suo bisogno di affetto, di rassicurazione, la sua ricerca di accettazione e conferma da parte degli altri. Questi aspetti si manifestano, ad esempio, quando Tonya continua a coltivare l’illusione che la madre possa un giorno mostrarsi comprensiva e affettuosa ricevendone, invece, solo delusioni.
Il ciclo della violenza
La storia di Tonya con Jeff è ricorsiva: un processo ciclico di allontanamenti e ri-avvicinamenti. Forse Tonya inizialmente pensa di trovare in Jeff chi la salverà dalle angherie della madre. Invece, si ritrova con un carnefice altrettanto violento. Le liti fra i due sono delle vere e proprie lotte corpo a corpo, e includono l’uso di armi. Tonya ne esce emaciata e contusa. Tuttavia, quando Jeff si ripropone con un atteggiamento caldo e gentile, lei si lascia sedurre da questo approccio amorevole.
Un esempio su tutti è la scena in cui, dopo uno scontro corpo a corpo innescato dalle lamentele di Tonya per la scelta del gelato sbagliato, e dopo che si è allontanata prendendo le distanze dal marito, Jeff riesce a riavvicinarla facendole trovare in casa un percorso di petali di rose, che la conduce al frigorifero, pieno dei suoi gelati preferiti. Questo è il meccanismo che viene definito nel ciclo della violenza “luna di miele”: una fase in cui l’aggressore mostra pentimento, desiderio di ricucire la relazione, consapevolezza dei propri errori e desiderio di cambiare. Il comportamento di Jeff lo possiamo inquadrare anche con il termine lovebombing, ovvero una manifestazione di amore romantico estremamente coinvolgente, che però non corrisponde ad una forma di affetto sincero, ma ad un comportamento finalizzato alla manipolazione della vittima.
In definitiva, sganciarsi dal partner violento è un percorso faticoso, che deve partire dalla consapevolezza di essere una vittima, per poi autorizzarsi all’allontanamento senza il senso di colpa tipico di chi subisce.
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“Tonya” è un film prodotto negli USA del 2017, diretto da Craig Gillespie e scritto da Steven Rogers.