L’aggressione da parte di terzi sul lavoro è un fenomeno da contrastare, così come qualsiasi altra forma di violenza. Ma non solo: il rischio aggressione è uno dei potenziali fattori di rischio psicosociale nelle organizzazioni, ovvero uno di quei dati strutturali dell’attività lavorativa che devono essere monitorati e prevenuti per evitare conseguenze dannose sui lavoratori.
Le aggressioni come fattore di rischio psicosociale
Parliamo di dato strutturale perché, per contrastare queste forme di violenza, è necessario intervenire già dalla progettazione della mansione.
Il contesto in cui un lavoro si svolge, le procedure da attuare, le protezioni presenti nell’ambiente sono i primi aspetti di cui tenere conto. Parliamo in questo caso di prevenzione di primo livello, poiché mira a contrastare la possibilità che si verifichino aggressioni.
Ma è anche opportuno intervenire con programmi di formazione mirata a tutti i lavoratori potenzialmente a rischio (prevenzione di secondo livello). Da ultimo, mettere a disposizione dei lavoratori uno sportello di ascolto per dare sostegno in caso di avvenuta o potenziale aggressione (prevenzione di terzo livello).
Le conseguenze sull’organizzazione
La presenza di un rischio aggressione determina nell’organizzazione conseguenze quali aumento del turnover, assenteismo, alto livello di conflitto tra i lavoratori e bassa produttività.
A livello individuale, la consapevolezza di un rischio di aggressione può comportare nei singoli lavoratori disagi psicologici come livelli di stress elevati, burnout, depressione, disturbi del sonno.
Quando poi l’aggressione non è più solo un rischio potenziale, ma si verifica, nel lavoratore può produrre lesioni fisiche e reazioni psichiche come il disturbo da stress post-traumatico: una reazione acuta che si verifica in chi subisce traumi o incidenti a rischio di morte.
Cosa fanno le istituzioni per contrastare la violenza da parte di terzi sui luoghi di lavoro
L’argomento delle aggressioni sul luogo di lavoro è oggetto di doversi accordi e linee guida a livello internazionale, europeo e italiano.
Nel 2007 è stato siglato fra le parti sociali europee un “Accordo quadro sulle molestie e sulla violenza sul luogo di lavoro”. Nel 2010 sono state promosse le “Linee guida multisettoriali per fronteggiare la violenza e le vessazioni sul luogo di lavoro causate da terzi” siglate da EPSU, UNI Europa, ETUCE, HOSPEEM, CEMR, EFEE, EuroCommerce, CoESS, che contengono un insieme di indicazioni finalizzate a sensibilizzare e promuovere l’adozione di buone pratiche per individuare, prevenire e gestire il rischio di violenze e molestie da parte di terzi a cui sono esposti i lavoratori a diretto contatto con l’utenza.
In Italia l’Accordo quadro europeo del 2007 è stato ripreso con un accordo nazionale tra Confindustria e CGIL, CISL e UIL siglato nel 2016, dal titolo “Accordo quadro sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro”. Nell’agosto 2020 è passato in via definitiva il “Disegno di legge sulla sicurezza degli operatori sanitari” (Ddl Aggressioni), che prevede sanzioni specifiche per i pazienti e/o i caregivers che aggrediscono verbalmente o fisicamente il personale del settore sanitario.
Più di recente, nel 2019, è stata emessa la prima norma internazionale per la lotta alla violenza e alle molestie sul lavoro. Si tratta della Convenzione ILO numero 190 , il primo trattato internazionale che riconosce il diritto di tutti a un mondo del lavoro libero da violenza e molestie, comprese la violenza e le molestie di genere. La Convenzione è stata adottata nel giugno 2019 dalla Conferenza internazionale dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ed è entrata in vigore il 25 giugno 2021.
L’Italia ha concluso lo scorso ottobre 2021 il percorso di ratifica della Convenzione Ilo n.190.
Cosa fare in caso di aggressione da parte di terzi
Chi è vittima di una aggressione dovrebbe in primo luogo prendersi cura della propria salute e sicurezza. In caso di violenza fisica chiamare i soccorsi, per ottenere un riscontro delle proprie condizioni di salute, e le forze dell’ordine. In caso di violenza verbale, valutare la situazione e chiedere supporto agli enti aziendali preposti (es. ufficio del personale, referenti sindacali, CUG nelle pubbliche amministrazioni).
Per l’azienda è invece necessario stabilire un piano per intervenire in via preventiva sull’organizzazione e sulle risorse a disposizione dei lavoratori, per contenere i disagi che possono provocare questi eventi.
Se sei un’azienda e vuoi attuare un piano di prevenzione per il rischio aggressioni, contattami.
Se hai necessità di supporto psicologico dopo aver subito un’aggressione sul lavoro, contattami.
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