Penso che il principe dei film cinici natalizi sia Parenti serpenti, di Mario Monicelli (1992). Un grande classico di un eccezionale regista, che ho sempre amato per la sua capacità di mostrare l’efferatezza e le ipocrisie dell’animo umano rendendole in una veste ironica e intelligente, che riesce sempre a strappare un sorriso (amaro).
La trama
È la storia di una famiglia abruzzese: due anziani genitori che ospitano i quattro figli adulti (con relative famiglie) per i festeggiamenti di Natale e fine anno. Il padre sta iniziando a perdere qualche colpo, e la madre sente il peso degli anni e della solitudine, perché i figli – chi più, chi meno – si sono tutti allontanati dal paese di origine. Così i festeggiamenti sono l’occasione per fare loro una richiesta: decidere quale, tra le loro famiglie, potrà ospitare l’anziana coppia fino alla fine dei suoi giorni, avendone in cambio un vantaggio economico.
La richiesta scatena una situazione di conflitto e un crescendo di tensione, il cui epilogo sarà drammatico. Il tutto viene narrato dall’unica voce sincera ed ingenua: quella del più piccolo di casa.
La rilettura psicologica
Parenti serpenti ci mostra tutti i potenziali risvolti delle relazioni familiari e – più in generale – delle situazioni di vita comunitaria fra più soggetti. Infatti ritroviamo:
- Le invidie, specialmente quella delle sorelle nei confronti della cognata modenese, che arriva impellicciata e si fa servire e riverire dal marito;
- Le gelosie di mogli e mariti, ma anche le gelosie nei confronti dei genitori da parte di fratelli e sorelle;
- La pretesa dell’amore nei confronti dei genitori, dai quali ci aspetta amore incondizionato – salvo poi non ripagarlo con la stessa generosità;
- La pretesa dell’amore nei confronti dei figli, che conquistata l’autonomia non vogliono sentire il peso della responsabilità verso i genitori;
- I tradimenti e i segreti: le relazioni sotterranee all’interno della famiglia, ma anche le vite tenute nascoste per poter corrispondere alle aspettative degli altri;
- La continua tensione tra legami affettivi e interessi economici, dove gli ultimi finiscono col prevalere sui primi e determinare contrasti;
- Gli schieramenti e le alleanze, i tentativi di fare fronte comune nei confronti di qualcuno, che decadono non appena l’interesse privato prende il sopravvento nella coalizzazione.
Insomma, in Parenti serpenti viviamo il contrasto fra l’ideale del volersi bene e il reale del volersi bene ma avere anche bisogno di distanza e di preservare la propria indipendenza.
Monicelli ci mostra il lato peggiore dell’essere umano, e guardarlo ci fa sentire autorizzati a esprimere anche le parti più vere di noi, quelle che non mostriamo per paura di non piacere, di non essere apprezzati e amati.
Non bisogna però esagerare: il cinismo e l’autoreferenzialità non possono mai essere una risposta definitiva. Siamo esseri sociali e abbiamo bisogno degli altri. cerchiamo dunque di vivere i legami con maggiore sincerità, ma senza sottrarci ad essi o ferire le persone con l’egoismo.
Detto questo: buone feste! Cercate di passarle al meglio, senza ipocrisie e buonismi, ma anche senza troppi momenti di tristezza.
Se volete qualche altro film per passare più giornate, vi consiglio anche:
Babbo bastardo – un film politically uncorrect su un Babbo natale alcolista e sboccato
Una famiglia perfetta – un po’ meno caustico di Parenti serpenti, ma sempre legato al tema della famiglia
Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato – il primo, con Gene Wilder, una favola anche per adulti con diverse note di sarcasmo.
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