Può capitare che un progetto professionale fallisca. Realizzare i propri piani e trasformarli in una esperienza di successo è tutt’altro che semplice.
Nelle mie attività di career coach mi trovo spesso – sia in azienda, che nel mio studio – a confronto con situazioni in cui un obiettivo professionale che sembrava tanto importante non ha trovato riscontro al vaglio con la realtà.
Ci sono diversi tipi di progetti professionali insoddisfatti, credo che si possano riassumere in tre categorie:
- progetti mai realizzati, ovvero progetti che rimangono confinati in un mondo utopico, perché non si ha voglia di impegnare le energie per renderli reali;
- progetti realizzati male, cioè idee che, una volta che hanno preso forma nella realtà, si sono trasformate in un disastro: un vortice economico negativo, un dispendio di energie imprevisto, un insieme di costi insostenibili;
- progetti realizzati senza gusto. Sono quei desideri professionali che, una volta raggiunto il traguardo, smettono subito di dare piacere. Arriviamo a concretizzarli ma poi ci rendiamo conto che non siamo entusiasti del risultato. Provocano indifferenza più che gioia.
Quale che sia la tipologia, una coach non può fare altro che invitare la persona a fare un esame di realtà e a trovare una soluzione per cambiare lo scenario.
Ecco qualche suggerimento per reagire a queste tre diverse situazioni.
I progetti mai realizzati
Ti capita di trovarti a immaginare come sarebbe bello cambiare lavoro, acquisire nuove capacità, assumere un ruolo di maggiore responsabilità o avviare un’attività in proprio… ma non lo fai. Magari ti lamenti del tuo presente e affermi di voler cambiare le cose, eppure sei immobile.
Qual è il problema? Chiediti cosa ti impedisce, oggi, di mettere in atto le azioni necessarie a realizzare il tuo progetto. Se non c’è nessun ostacolo sul piano pratico, chiediti che cosa ti stia demotivando. Perché non trovi lo spazio mentale per organizzare questa strada verso la tua soddisfazione personale?
La carriera non viene da sé: se non ci si impegna, i risultati non arriveranno da soli.
I progetti realizzati male
Volevi costruire la tua carriera in un determinato contesto, avevi chiaro quale fosse l’obiettivo, già assaporavi il piacere di ricoprire quel ruolo. Ci arrivi e… ti accorgi che non è quello che pensavi. Cosa è successo? Te lo spiego con un esempio televisivo.
C’è una trasmissione TV che mi diverte molto: è “Cucine da Incubo”. Che sia la versione USA di Gordon Ramsey o quella del nostrano Cannavacciuolo, “Cucine da incubo” ci mostra in modo palese come sia possibile trasformare un sogno in un incubo. Si basa sul racconto di ristoranti sull’orlo del fallimento, i cui titolari non riescono a risollevare l’attività. Molti di loro erano davvero entusiasti di aprire un ristorante, ma poi si trovano con un problema enorme da gestire, senza riuscire a risolverlo.
Cosa accade nelle “Cucine da incubo”?
I motivi alla base della disfatta dei ristoratori sono vari:
- molti di loro hanno aperto l’attività sulla base di una visione irrealistica e, senza essersi adeguatamente preparati, si sono gettati a capofitto nell’impresa. Sono persone che non possiedono le capacità, le competenze o le energie per mandare avanti l’attività. Alle prime difficoltà, anziché correre ai ripari cercando di imparare ciò che non conoscono, si demotivano e lasciano andare le cose senza mettere impegno;
- altri avviano il ristorante con l’aspettativa di affidarlo completamente ai collaboratori. Sono per lo più persone che dispongono del denaro necessario, ma non delle competenze, e non hanno voglia di mettersi in gioco. Si aspettano di ottenere risultati senza mettere impegno, si affidano ad altri senza aver prima verificato che ce ne fossero le condizioni. Accusano di incapacità i loro dipendenti e non sono in grado (o non hanno voglia) di reagire in modo responsabile di fronte al fallimento;
- alcuni sono progetti familiari che si reggono su rapporti poco chiari tra i componenti: famiglie dove i genitori affermano di voler lasciare il ristorante ai figli, ma nella realtà non lo fanno. Oppure, specialmente nella serie italiana, genitori che hanno aperto un ristorante per i loro figli, per dare loro un futuro, ma lo hanno fatto senza assicurarsi che questo “sogno” fosse sentito da tutti allo stesso modo. Ne conseguono frustrazioni, rapporti deteriorati e grandi liti.
Queste sono le casistiche principali, e sono anche quelle in cui si può ritrovare anche chi – senza bisogno di mettersi in proprio – ambisce a una crescita professionale in azienda: aspirare a un ruolo per il quale non si è pronti, o in un ambito del quale non si è sufficientemente esperti, o quando non si ha la giusta collaborazione da parte di chi dovrebbe sostenerci.
Cosa fare per uscire dall’incubo?
In tutti questi casi è evidente che il problema è all’origine: occorre rivedere il progetto dalle sue fondamenta, recuperare ciò che manca, modificare l’assetto attuale nel suo complesso. Ma soprattutto farsi carico del proprio insuccesso e della sua riabilitazione.
Solo un atto di responsabilità può salvare dal disastro. Costruire la carriera significa confezionare un progetto che tenga conto di tutti i fattori, ambientali e personali, che devono essere presenti perché l’esperienza risultante sia un successo. La carriera non si può basare su lacune. Servono le giuste risorse, le competenze necessarie e le relazioni adatte a sostenere il progetto.
I progetti realizzati senza gusto
Sono quei risultati professionali che riusciamo a raggiungere, ma che non ci danno nessuna soddisfazione.
Chi li racconta in genere ha un’espressione indifferente, priva di gioia, quasi annoiata. Magari ha corso e si è sforzato tanto per quel risultato, poi una volta conseguito non ci trova niente di interessante.
Quale può essere il motivo? Di sicuro questo è il caso meno palese, quello che richiede un approfondimento più accurato per comprenderne le cause. Infatti le ragioni potrebbero essere varie: la persona potrebbe essersi lasciata coinvolgere nel progetto da altri, senza sentirlo proprio. Oppure covare altri desideri che, per qualche motivo, non vuole o non può realizzare, per cui questo risulta essere un piano B, anche se ci sono altre idee significative a fare da concorrenti. È simile al vissuto del personaggio del film “The place”, che ho raccontato in un altro articolo.
In questo caso occorre lavorare sulla consapevolezza, per intraprendere un percorso che permetta alla persona o di trovare gioia in ciò che ha ottenuto, o di impegnarsi per qualcosa di diverso e più soddisfacente.
Per ciascuna di queste casistiche diventa fondamentale lavorare sulla propria grinta e sul modo in cui si affrontano i progetti personali, per crescere e diventare più produttivi ma, soprattutto, più soddisfatti.
Se senti la necessità di un percorso di consulenza relativo ai tuoi obiettivi lavorativi, leggi le pagine dedicate alla consulenza di carriera e al coaching. Per intraprendere un percorso, contattami.
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